11 luglio 2010

LAST POST ABOUT OCEANIA FROM PADANIA

Ho passato mesi ad inviare curriculum vitae a Sydney per un determinato lavoro, non avevo risposte molto positive, ricevevo feedback del tipo “scusa ma non abbiamo posizioni disponibili ora” etc etc. Così nel frattempo ho intrapreso altre strade, facendo lavori impensabili, improbabili, alcuni divertenti altri da esaurimento, perché comunque avevo come primario obiettivo il viaggio e la scoperta di quel paese che mi affascina(va) così tanto: l’Australia.

Poi il giorno in cui avevo tutte le mie valigie pronte per iniziare a viaggiare seriamente con prima destinazione Adelaide, ricevo una strana telefonata, un australiano mi chiede se sono ancora interessata a quel lavoro per cui avevo mandato il cv molto tempo prima; tento di non farmi prendere dal panico assassino e rispondo con calma esponendogli la realtà delle cose: sto per partire ed il mio visto scade tra un mese. Il gentile amico mi dice di farmi sentire nel caso ritornassi e mi augura di godermi l’Australia. Sarei poi ritornata dopo un mese ma con un biglietto prenotato per Auckland molti mesi prima.

Ora, riguardando agli eventi con il rewind, ciò può essere visto come “ecco l’occasione giusta” oppure “ecco l’occasione mancata”, ma non può essere semplicemente l’occasione? Presa oppure no, comunque c’è stata. Se tu ti muovi, qualcosa poi si smuove.

In questi ultimi mesi di piani ne ho progettati molti, compreso studiare ancora, per crescere e non fermarmi in nessun campo. Proprio questo è quello che ho imparato in questa lunga esperienza di lavoro/viaggio in Australia e Nuova Zelanda. Ho imparato a non rassegnarmi, a non vedere il futuro come unica via, a lasciarmi aperte alcune porte, riconsiderarle e metterle di nuovo da parte, costruirmi un piano A, se va male B, oppure C e perché no anche D. Avere sempre un piano, non guardare fuori dalla finestra e far scorrere i giorni senza metterci del nostro, qualcosa di vivo ogni giorno.

Poi tutto quello che ho fatto, che ho vissuto, è una bolla talmente grande dentro che per quanto la descrivi non riuscirai mai a farti capire totalmente. Quello che tengo per me, non è quanti pinguini ho visto, ma tutta una serie di azioni di vita. Ho respirato aria pura sopra i monti, dormito nelle piazzole di sosta, visto poveri che si comportavano da ricchi e ricchi che si vergognavano e volevano sembrare poveri, ho bevuto birre con un sudafricano, parlato di filosofia con un turco, condiviso gioie e sfighe con amici in un appartamento, che ormai sentivo come casa e loro come mia famiglia. Conosciuto persone tramite il blog che sono diventati alcuni dei miei migliori amici a Sydney, dato abbracci all’aeroporto credendo che tre mesi non sarebbero mai passati, dicevo di avere fiducia, ma non ne ero convinta fino in fondo, ho stretto mani, dimenticato, capito, parlato, rivisto, sperato, detto tanti vaffanculo e tanti "è meraviglioso", anche a pochi minuti di distanza, ma soprattutto ho imparato, ogni giorno ho imparato che c’è sempre un nuovo inizio, ho imparato a non limitarmi ai miei due metri quadrati ma a guardare il cielo e sentirmi parte di un mondo immenso pieno di buone offerte e commercianti che non ti truffano.

Ed ora anche rido ripensando a quelli che mi ammonivano che là fuori il mondo era pericoloso. E’ più pericoloso passare tre ore davanti alla televisione in Italia, dove da quello che vedi ti costruisci uno pseudo-mondo che non è per niente quello reale.

Eccomi qui ora, dopo un bel po’ di mesi fuori, a guardare i campi coltivati della provincia veronese davanti a me, le facce dei bancari, la confusione in posta. Si fa presto ad essere demoliti, non ti riconosci più nell’ambiente circostante, nelle facce, nel linguaggio, nei modi di fare. Vivi 30 anni in veneto, poi stai via un anno e mezzo, torni e ti chiedi con che accento strano mi sta parlando la bancaria. Di sicuro è il jet leg....

Il capitolo più interessante di questi miei primi giorni in Italia dopo le esperienze oceaniche, sono le domande che mi vengono rivolte.

- cosa farai?
- Sei ingrassata? Sei dimagrita?
- metterai la testa a posto?
- Pensi di avere ancora 20 anni?
- Resterai per sempre?
- Che effetto fa la pianura?
- Saresti rientrata lo stesso se non avessi avuto da sistemare alcune cose?
- Cercherai lavoro? Dove? Come? Quando?
- Cosa hai mangiato?
- Ti sposerai? Dove? Come? Quando?

Io rispondo che ho ancora il jet leg e che non ho la mente totalmente attiva, quindi non ho le risposte a tutte queste domande. Invece non è vero, capisco tutto e capisco bene, ho le risposte ma le tengo per me, non passo il tempo a spiegarle, faccio finta di niente, ascolto i questionari con faccia seria, mentre spesso mi verrebbe da ridere. Rido perché mi sembra di vedere lo sbarco di un marziano sulla terra, si va li a toccarlo, scrutarlo, notare cambiamenti e somiglianze, poi dato che comunica, gli si pongono delle domande, quelle più strane.

Quando parti da solo, lasci casa ed amici, ti senti un alieno tra gli umani, poi la fuori incontri tutti alieni, sconosciuti ma tuoi simili a cui non fare domande strane, perché capirai subito che sono come te, vanno e vengono bilanciando pregi e difetti dei paesi, cercano una via nuova per vivere meglio, nuove strade, diverse prospettive, anche soldi, valore umano, si adattano e mettono in gioco tutto, perché continuando a mescolare le carte ed a giocare prima o poi si vince.

Ed io cerco tutti i giorni di vincere la mia partita personale, portandomi dentro e mettendo in atto un nuovo spirito, evitando la pseudo depressione che ti può assalire in questi momenti, il mancato riconoscimento nelle facce, negli ambienti, nelle situazioni, perché so con certezza che questa non è la fine, questa lunga esperienza non sarà solo un hard disk pieno di foto e ricordi messi da parte, non ritornerò seduta alla scrivania a pensare a quanto era bello, perché lo può essere ancora, non è il cerchio che si chiude, è una corda, è uno zig zag, questo è un inizio, è una buona base per ripartire ancora e concretizzare i piani.

In fondo essere alieni non è poi così male, basta abituarsi al verde.