25 novembre 2007

La notte. La nebbia.

Qualche biretta.
Una serata perfetta.

Molte chiacchiere.

Poco sonno.
Facce da tonno.

La gente.
Balla.
Condivide.
Si divide.
Numeri divisibili.
La gente
Aspetta.
Parla.
Si stringe.

Occasioni.
Conoscenze.
Urgenze.
Divergenze.

La sera della vigilia di Natale.
Il riscaldamento animale.
Il riscaldamento artificiale.

Il freddo gelido.
Intanto medito.

La strada.
La moda.
Niente colori.
Nero. Grigio. Scuro.

Vuota è la piazza.
Il letto ad una piazza.

Soli in macchina.
Io e John Lennon.
Le nostre voci.
I nostri silenzi.

Ritorno verso casa.
Domani forse la spesa.
Niente colazione.
Solo un po’ di televisione.

Intensa la notte.
Intense le note.

Fitta la nebbia.
Tanta. Tanta nebbia.

Ah Terzani, Terzani, mi fai venire voglia di essere Galeazzo Tinacci.



I libri di Terzani fanno male. Frase diretta ed un pò troppo generica per un personaggio di quel calibro, ma sensata in relazione a tutti i concetti che si possono trovare nelle sue opere, in particolare una: La fine è il mio inizio.

Quel libro “fa male” ma nel senso positivo. Ti apre gli occhi. Ti stimola sempre. Tocca punti vivi. Tipo la vita che facciamo e la vita che vorremmo fare. Il viaggio come esperienza di vita. Un mondo ancora da scoprire. Ma che cavolo ci facciamo ancora chiusi in un ufficio. Ecc ecc.

Scorrendo i racconti, più volte lui si definisce un uomo fortunato, nel senso che dice di aver avuto molte occasioni per trasformare le sue esperienze in qualcosa di veramente “vivo” ed entusiasmante. Ha sempre seguito le sue inclinazioni interne, non accettando compromessi, tentando di orientare tutte le sue scelte verso le sue direzioni e non quelle degli altri. Una vita ricca di occasioni e di opportunità, che lui stesso si è voluto creare. Un uomo dinamico fisicamente e mentalmente. Un Chatwin irrequieto dei nostri tempi.

Questo libro ti segna. O meglio. Ti insegna. Il lavoro. Il potere. La storia. L’uomo. Il viaggio. Le diverse culture. Lo scrivere. Ed ancora il lavoro.

Questo libro è una buona medicina contro la vita "sveglia-caffè-barba-bidè". E’ come se tra le righe, si sentisse una voce parlarti direttamente dicendo “Ma che fai ancora li?”. C’è un mondo fuori dal nostro piccolo habitat, che aspetta solo di essere scoperto. Il viaggio non vuol dire solamente vacanza, ma anche un possibile lavoro. Uno stimolo in più. Possiamo scegliere di avere meno sicurezze, ma più libertà interiore. Possiamo scegliere di cambiare tutto di noi. Possiamo darci una possibilità. Possiamo sognare di essere a Melbourne e la mattina dopo esserci veramente (questa dovevo metterla!). Insomma il concetto generale è “si può e ci farà solo che bene”.

Si fa vivo l’istinto di voler cambiare le cose. Si fa viva la parte che rigetta le regole pre-impostate. Si capisce che il tempo passato a spiegare agli altri queste sensazioni, è solo tempo perso. Meglio fare i “buoni egoisti”.

Più ci penso, più guardo il libro (in fondo solo solo parole stampate), più mi stupisco che un libro del genere abbia questa grande forza di smuoverti dentro.

Mi viene voglia di pensare ad un finale diverso. Ad una sorta di riscatto. Ah Terzani, Terzani, mi fai venire voglia di essere Galeazzo Tinacci, nel suo finale.

17 novembre 2007

VINYL RECORDS, NOW!



Sono io. O quasi. Ma non ho le “codine”, la casa è molto meno “color” e sul tavolo non c’è orange juice ma una bella Corona oppure un buon bicchiere di Valpolicella (e vai di advertising). L’atmosfera è la stessa, però. Nessuno intorno. Solo io ed il disco. E il ritmo. E la musica. Sto parlando di quanto bello sia il disco in vinile.

Nell’epoca del digitale, dove tutto si vuole, tutto si ottiene e tutto si scarica, si assiste ad un certo ritorno “all’artigianato” musicale. I dati sulle vendite lo confermano, l’acquisto del vinile è aumentato del 13% in più rispetto al passato e due terzi dei singoli prodotti in Gran Bretagna oggi vengono pubblicati anche nel formato in vinile. Alcune grandi catene di elettrodomestici hanno tentato di ri-venderli, senza grandi risultati. Forse bisognava pensarci prima. Forse chi ascolta i vinili non passa il suo sabato pomeriggio in cerca di maxi offerte per comprarsi un plasma. Ma questa è un’altra storia.

Sarà che tra mille modi di scambiarsi e di “dowloadarsi” musica, si è persa un po’ l’anima originale, quella dell’entusiasmo e quella dell’emozione legata all’ascolto della musica. Ora no. Ora l’unica emozione che si può provare è sapere che è uscita la nuova versione di ITunes. Wow!

Da quando i cd si possono scaricare non c’è più nemmeno il gusto di aprirli e di guardarsi il libretto allegato, con tanto di fotografie, grafica e testi. Una canzone è diventata un semplice file, da usare a piacimento.

L’era tecnologica è necessaria, non si può rinnegare, ma non credo sia fondamentale in certi ambiti.

Il disco in vinile è un po’ il ritorno alle origini, alle prime forme musicali. Il disco in vinile racchiude tutto. Chi adora la musica non può non adorare tutte le fasi che portano all’acquisto e alla scoperta di un disco. Quella iniziale è la più divertente ed avventurosa: la caccia. Per fortuna, i dischi in vinile non si trovano dappertutto, esistono negozi specializzati, ma spesso si possono trovare ai mercatini dell’usato/antiquariato. Andare a caccia di dischi nei mercatini, dove magari dalla pulizia di vecchie stanze escono dischi inaspettati, magari degli anni 80 (seeee!!!), i dischi più improbabili ma che cercavi da una vita. Ovviamente a prezzi stracciati.

Il mio primo contatto coi dischi in vinile avvenne proprio negli anni 80. Avrò avuto 7 o 8 anni, con gli amici si giocava con tutto, si andava alla ricerca di materiali da trasformare in gioco, si frugava tra le cose dei grandi per prendere un po’ di spunti. Un giorno siamo capitati vicino al vecchio giradischi. Da lì la prima domanda. Ma che robe sono? Come vanno? Come girano? Come fanno a riprodurre i suoni? Proviamo? Sasso. Carta. Forbice. E via. Io faccio parte dei vincitori, quindi assisto al “primo nostro ascolto di un disco in vinile”. Mi ricordo ancora la copertina. Una donna. Una maglia di cotone grigia “sbarcata”. Una spalla fuori. Una scritta: Flashdance. Che fico!! Mi ricorderò sempre il primo fruscio………fsssssss….e poi what a feeeeeeeling!!!!

Inutile descrivere la mia faccia quando qualche settimana fa me lo sono trovato davanti, tra una tazza in porcellana ed altre decadenze. 5 euro. Mio! Subito!

Forse proprio in quel giorno nacque anche il mio amore per la musica anni ‘80 e da li la degenerazione. Solo chi viene in macchina con me lo può capire.

La “vinil-mania” ormai è allo stato avanzato per me. Non mi resta che aspettare domani e partire per una nuova caccia. Nuove avventure e nuovi vinili su radio missfree. Sempre musica su radio missfree.

05 novembre 2007

AN ITALIAN DAY TRIP

2 novembre 2007. Venerdì mattina. Prestissimo. Dopo un bel pò che non prendevo un treno, mi sono trovata in stazione, pronta per una gita. Gita a Milano! Sai che roba....Tralasciando l'aspetto umano, alquanto mediocre, mi concentro su ciò che una città così grande può offrire, ovvero un pò di cultura e qualche mostra fuori dagli schemi. Destinazioni: Palazzo Reale e Triennale. La Chapelle e gli Anni 70.

Inizia così questo piccolo viaggio italiano verso la grande metropoli, in compagnia di Ettore (che è una Lei, ciao Ettore). Passiamo tutto il tempo in treno a parlare di viaggi futuri, di quanto gli uomini siano poco pratici e "adattevoli", di come ognuna di noi abbia a che fare con degli uomini inarrivabili (e sempre a noi ci capitano?), insomma una bella parte del colloquio è stata composta dal discorso “uomini”. Poi abbiamo anche deviato raccontandoci quanto reale sia la presa in giro di Katia e Valeria (di Zelig) che imitano il popolo di Uomini e Donne (ovvero, il nulla, il vuoto, ore ed ore a parlare del nulla) e di come era bello invece Guzzanti ed il suo Quelo (tra i tanti). Possiamo dire di aver animato l'Intercity e pure la vecchietta che avevamo di fianco, la quale, povera, voleva dormire ed ha maledetto quella volta che non ha ceduto alle nuove tecnologie, cioè comprarsi un bel Ipod da 7 giga! Dai siura! Cus ghe!



All'esterno un paesaggio quasi simile a quello del video dei Chemical Brothers, solo che invece della musica in sottofondo si sentiva: "Ma secondo te maestro, c'è vita su Marte? mah, giusto il sabato sera!". Cose di questo genere. Filosofia sul treno su rieducational channel.

Inizia la gita, scendiamo dal treno e ci dirigiamo verso la Triennale, meglio "dentro" gli Anni 70. Dico "dentro" perchè mentre la si visita si ha l'impressione di essere attivi nei confronti delle opere presenti. Non si sta 1/4 d'ora davanti ad un quadro, ma si vive la mostra tra gli oggetti. Dall'alto cadono teli con le prime pagine dei quotidiani di quegli anni con le notizie più succulente. Mi fermo proprio a leggere e mi accorgo di quanto conosca davvero poco di quegli anni (Aldo Moro, Pasolini, Ustica,...), molte notizie che mi dicono qualcosa ma di cui non ho una conoscenza approfondita. Un pò di “merito” devo darlo alla scuola che faceva finire il libro di storia con l'anno 1950 e poi il vuoto, il nulla. Un pò come i programmi di Maria De Filippi. Ma qui c'è lo stimolo giusto per approfondire.


Ogni zona, all’interno della mostra, è curata da una persona in particolare, quindi siamo orientati, in modo benevolo, da uno sguardo soggettivo che viene dato agli eventi e alla loro rap-presentazione, ma il fatto molto positivo è che ci troviamo immerso nelle situazioni tipiche degli anni 70. Il vecchio bar, con le carte, il juke box, gli amari. Oppure la televisione, ti trovi dentro la televisione, televisori ovunque. Non parliamo della musica Woodstock, la ribellione, i Sex Pistols. Dischi ovunque.

E poi il colore. Basta bianco e nero, tipicamente anni 60, vai col colore vivace dei nostri '70.

Diamo un giudizio complessivo molto buono. Ora basta giudizi positivi però, quindi stop alle telefonate, altrimenti devo farmi dare una percentuale.

Tutte intrise di cultura decidiamo di farci “una vasca in centro”, come diciamo noi. Che ridere. Sembravamo le ragazze di campagna che vanno in città.



Beh, non avevamo la vanga e nemmeno il trattore, in questo caso, ma lo spirito era quello. Abituate a vedere grandi spazi e a sentire aria diversa, l'atmosfera non è stata delle migliori. Eravamo in Italia (ancora!). Eravamo a Milano (basta!). Niente di così eccitante. Le considerazioni finali sono state esclusivamente utilitaristiche ovvero "prendiamo quello che ci serve e torniamocene a casa".

Nuova direzione: il Duomo. Ultima destinazione: Palazzo Reale e La Chapelle. Ci aspetta una mostra molto ricca, 350 opere esposte, tutte da guardare. Ci accoglie una fotografia disarmante, a tratti dissacrante, estrema, molto colorata. Un lavoro critico che porta con sè molte riflessioni. Anche all’interno della stessa fotografia si possono leggere vari significati a più strati. Esiste un livello di “visione” semplice e banale ed un altro più riflessivo, astratto e complesso. Si riescono ad includere perfino temi come la paura, la morte, la vita stessa, il divino e l’idea del sublime.

http://images.alice.it/sg/foto/gallery_mno/foto_dautore/i_l/david_lachapelle/I_colori_di_LaChapelle/43ce824cd7206_big.jpg

Fa pensare anche il fatto che l’autore di tutto ciò, sia proprio colui che, inizialmente lanciato ed immerso nel modo cristallino della moda, incaricato di rendere più glamour possibile le super modelle, ora si trovi a farle scendere dal piedistallo. Saranno rappresentate schiacciate da un mega hamburger, vestite in maniera extra cool di fronte a delle catastrofi naturali, saranno posizionate come simbolo dei vizi distruttivi. Davanti an noi si ripete un mondo da non ammirare. Un mondo che ha le sue regole devianti. Un mondo che non c’entra nulla con la realtà. Un mondo di carta. Pieno di colore e di oggetti, ma che comprende anche un immenso vuoto.

La gita è finita. Il tempo di un ultimo caffè (e di un gelato) e via, si ritorna a casa. Torniamo con la testa piena di informazioni, di immagini, di nuove idee da sviluppare.

Torniamo alla nostra realtà. Abbiamo camminato, visto, ascoltato, odorato ed abbiamo anche sognato per qualche ora. Nel bene o nel male, abbiamo viaggiato, seppur brevemente, con la mente e con il corpo. E con il treno.

Prossima destinazione?