27 febbraio 2008

SPINGITORI DI PORTE SU RIEDUCATIONAL CHANNEL AUSTRALIA

Dopo una notte semi insonne, non capivo piu se dormire di giorno oppure di notte, quindi ho mantenuto il fuso aereo arrivando a stare davanti alla finestra della camera per un bel po. Ma quanto giro c`e qui a syd, alle tre di notte c`era ancora gente in giro, ragazzi con lo zaino, pensionati e varie. Alle cinque pure. In realta non ero insonne ma controllavo il traffico. + o -

Risultato della storia: non ho dormito sta gran cifra, ma ne ho approfittato per ripassare un po di lonely Australia e, dopo aver chiuso col sonno totalmente, alle otto ero gia operativa, direzione Opera House. Avevo un agran voglia di camminare, che guardando la mappa mi sono detta " ma dai che me la faccio a piedi". Dopo un bel po mi trovo su un treno diretto a Circular Quay. Il fisico non regge. Sara il fuso, l`esaurimento pre partenza, ma mi tengo la camminata per la tarda mattinata. Comincio a sentire gli effetti del mio primo volo internazionale.

Dopo la visita all`Opera House, mi fermo su una panchina presso i Royal Botanic Gardens, questo posto mi prende troppo. Nono sento piu la stanchezza, non sento piu i piedi che parlano. Mi immergo nei prati, tra fiori ed uccelli, che mi rapiscono.

Cosi, eccomi su una panchina con la mia moleskine, in pausa, tra una cosa e l`altra sono le due di pomeriggio, c`e un tempo strano sole, nubi, sole nubi, ma fa un caldo giusto ed un vento giusto.

Mi guardo intorno, respiro il momento e penso: e proprio vero, la vita di provincia puo stare stretta. Qualche tempo fa, ma il discorso si ripete spesso, con Ettore parliamo della nostra ipotetica esistenza differente dal presente. Ed idealizziamo, facciamo progetti per reciproche vacanze. Io a trovare lei ad Edimburgo, sposa di un gran bel gnoccone in kilt, lei a trovare me in qualche citta australiana. E` proprio vero Ettore, la pianura ci deprime.

Forse nasciamo in un posto determinato, ma non e` detto che sia il posto dove dobbiamo vivere. sono nato in Italia, vivo in Italia.

Magari uno nel suo DNA sente di appartenere ad un altro mondo, e difficile da spigare perche e` una sensazione, non e` una cosa logica. E` come una passione nascosta. ci sono passioni che ti prendono ma che non vanno d`accordo con te e ci sono passioni leggere, che una volta scoperte ti travolgono, si concretizzano.

Mi viene da pensare che, dentro ogni persona, ci siano delle porte, da aprire e da scoprire. Un lavoro certosino di ricerca, che ci puo far sentire bene o male, ma che ci fa sentire vivi.

In treno verso il centro, accanto a me c`era un uomo con il sacchetto del pranzo, non ci posso credere anche qui hanno il tupperware con la frutta come dessert. Subito mi torna alla mente qualcuno. Una persona a caso, seduta su una panchina a caso, nei giardini di una citta` poco a caso, che guarda la gente passare, la vita muoversi.

Sono sudata, ho la stessa maglietta da due giorni (eh si niente valigia ancora, si accettano scommesse su dove sara), ho un po di mal di testa, ho dormito di giorno e non ho dormito di notte, sono da sola su questa panchina, sono in viaggio, non ho nessun sentimento negativo (nemmeno x cathay lo giuro!) e sono felice. Altro che Vodafone, qui tr ail verde ed i fiori piu strani sento di esserci dentro a questa avventura, sento di avere tutto intorno a me. Tutto e possibile, ci sono infinite possibilita dietro a quelle porte, che ci possiamo dare x primi, ma ci sono pure motivi reconditi nella mente e nel cuore che non ce le fanno aprire.

Parlo per me, sia chiaro, non e` un insegnamento, ma penso a quante volte non permettiamo a noi stessi di aprire quelle porte, se non le apriamo perdiamo parti preziose di noi stessi, che magari resterebbero chiuse.

Insomma l`unico spingitore di porte, per me, posso essere solo io, non la famiglia, gli amici, il moroso.

Spingitori di porte, su rieducational channel australia.

26 febbraio 2008

FINALMENTE SYDNEY

Eccomi a Sydney. Dopo ritardi per nebbia, corse a prendere le coincidenze aeree, cibo thay e sparizione della valigia, posso dire di essere arrivata sana e salva a in Australia.

Mi guardo allo specchio e mi vedo bene tutto sommato, anche se ho due calamari (ergo occhiaie) da far invidia al mercato del pesce di Venezia, va tutto bene. sono un po cotta quindi passo e chiudo qui, solo un piccolo cenno di vita per chi da lunedi mattina non mi ha piu visto ne sentito.

Resto a sydney per una settimana e poi? poi si vedra, l`unico punto fermo e la destinazione finale: Cairns tra due settimane.

C' e una bella arietta fresca, un po di vento e si gira in maniche corte, finalmente. si respira aria di metropoli. aria buona.

Sono in viaggio e non mi sembra vero, o forse sono a casa in coma e sto solo sognando di esserci davvero qui e di scrivere questo post.

Buonanotte a me. Che ne ho bisogno.

20 febbraio 2008

ANCORA INVERNO, ANCORA ESTATE



Stamattina. Giornata grigia. Solito orario. Sono in ritardo. Autostrada incasinata: camion che sorpassano, che rallentano, che s'incazzano. Tangenziale: macchine che sorpassano, che rallentano, che s'incazzano, il solito genio che vuole andare da sinistra a destra passandomi sopra, non davanti o dietro, no proprio sopra, vabè dai passaecosamiguardiconquellafacciatihovistodallospecchiettochehaifattounacuraintensivanasaledaivapassapassachegodafareesoninritardo...

In tutto questo casino, tra i 90 ed i 110 all'ora, l'unica demente che aveva voglia di cantare e di ascoltare la musica a palla, oggi, ero. Più precisamente: un'estate al mare di Giuni Russo. Per le strade mercenarie del sesso, avevo voglia di cantareeeee delle vacaaaaanzeeeee...... Tutto era routine, grigiore, incazzature, ma avevo voglia di cantare lo stesso.

Ora torno seria, normale, quasi felice. Mi tengo questa voglia di cantare per stasera, quando ripeterò il percorso all'inverso. Quando ho la gola secca e la voce da trans mi chiedono tutti se ho preso freddo, ma che freddo....le vaaaaacaaanzeeeee!!!!

18 febbraio 2008

O SI VIVE O SI SCRIVE



L’altro giorno mi è scoppiato il piccolo mac. Sembra un segno, un segnale. Tra qualche giorno ci sarà un netto stop alla vita sveglia – caffè – barba e computer, opterò per sveglia-caffè-chec’èdificodavedereoggidovevadoinquestacittàestranea?. È un segno perché è come l’autunno. Finisce l’estate e tu continui a fare la stessa vita di sempre, ti accorgi che il tempo cambia dalla natura. Le foglie si staccano e non puoi farci niente. Provo ad incollarle e a far dir loro alla pianta madre “hey tu! Dammi ancora un po’ da bere!”, sembra un film western, invece è solo un tentativo di modificare dei processi automatici e ciclici che sono già in atto, mentre noi ce ne accorgiamo appena.

Mi trovo a programmare un viaggio, seppur con ritorno a breve, e tutto scorre via. I computer non vanno più, avrebbero ancora bisogno di me, ma sono io che non ho più bisogno di loro. Per adesso. Il ciclo “me al pc” si sta concludendo. Proprio ora, proprio quando era necessario.

Ieri sera mi stavo preparando per una domenica in montagna e, mentre mettevo insieme tutta l’attrezzatura, mi sono vista, per un attimo, da fuori. È stato strano. A volte è consigliato imporsela questa cosa, per avere un parere più obiettivo sulle scelte attuali, una sorta di alienazione forzata per ridimensionarci.

Dicevamo, è stato strano perché mi è arrivata addosso una sensazione dal passato di perenne viaggio e cambiamento. Mi sono vista insomma sempre con la valigia in mano. Case, famiglie, morosi, vacanze. Cambiamenti in generale. Mi sono vista io e la mia valigia accanto, ma sempre con o in funzione di altre persone. Ma la valigia che sto facendo ora ha un sapore molto diverso. Strano. Eccitante. Esterno. Ridimensionato. Maturo. Pronto. Il gusto vero della coppia ”io e la mia valigia e nessun altro”. Esatto, nessun altro. Io e nessun altro.

Nei giorni scorsi ho tralasciato il blog, un po’ per mancanza di tempo (ma non è una scusa buona lo so), molto dovuto alla “sindrome del foglio bianco”. Avevo mille idee, mille frasi, mille collegamenti, ma non arrivavano a scriversi. Sono proprio alienata in questo periodo. Sono proiettata nel futuro prossimo e tutto acquista importanza relativa. Diceva Pirandello “o si vive o si scrive”, è proprio così quando si vive intensamente si dedica poco tempo alla scrittura e alla riflessione.

Tutto si ridimensiona. È necessario fare solo un piccolo gesto e tutto segue quella strada già iniziata. Basta dare il la a quella voce e poi, via con l’acuto. Basta iniziare. Basta partire.

Organizzando i vari preparativi, mi sono accorta ad un tratto di star diventando una vera e propria turista. Cartine, mappe, calcoli, progetti. Stavo entrando nel tunnel dei turisti che ritornano dal loro viaggio programmato in agosto e fanno causa all’agenzia viaggi perché hanno visto solo un canguro, mentre nel catalogo ne erano promessi più di uno. Male, molto male. Prima di arrivare a questo punto, mi sono fermata e come faccio spesso nei momenti di “puro godimento” naturale, chiudo gli occhi ed assaporo il silenzio della natura, il mare, il sole, il vento. Mi metto a sentire quel che offre questo nuovo orizzonte. Così mi sono fatta un appunto nella pagina uno della nuova moleskine: ricordati di sentire.

Ora non so quanto e cosa vedrò di certo, ma mi prenderò l’impegno di sedermi su una panchina australiana a godermi il momento. Senza ombrellini gialli e senza guide organizzate. Basteranno due occhi e qualche altro senso.

02 febbraio 2008

La scena dell’ascensore

Brevi episodi del nuovo tele-blog: “Lei e Lui. In generale.”


Come nelle migliori sceneggiature cinematografiche, non poteva mancare la scena dell’ascensore. Il magico incontro, il fortuito scambio di sguardi, la giusta possibilità di stare insieme, soli, in un ambiente stretto, a contatto. Tu e lui.

Lo vedi arrivare con l’auto, lentamente passa in rassegna tutti i posti auto, cercando parcheggio con la sua ormai solita eleganza. Ecco se sei a questo livello, ovvero vedi la sua eleganza anche nel servo-sterzo, non stai molto bene. Invece della palestra e dello yoga, passa dall’omeopata.


Dicevamo? Ah, si, il parcheggio. Stai camminando, diretta ed implacabile verso l’ascensore. Sai che lui ci metterà un po’ ad arrivare al tuo stesso punto, quindi rallenti il movimento premi-il-bottone, fino a quando non senti che Lui sta entrando. Ti giri senza premeditazione, lo guardi e sorridi.

Toh, è arrivato l’ascensore, dopo un quarto d’ora che eri li di fronte e solo dopo due secondi che lui ti si è avvicinato. No, non è stato tutto calcolato. No, tutti ti crediamo. No, non hai fatto nulla di volontario per poter passare quei due nano-secondi sola con lui.


Entrate. Lui è sempre bellissimo e fresco di prima mattina, tu dei distrutta dalla seduta di step della sera prima, ma di fronte al suo bel viso, cade tutto anche il dolore fisico del fianco destro. Due parole. Le solite. Un bel “come và?” apre il dialogo. Sei stata solo capace di rispondere “bene, bene” perché eri presa dal suo occhio marrone d’autunno che fissa i pulsanti numerati.

Così, mentre lui fissa un punto nel vuoto, tu fissi lui, è tutto un gioco di fissaggi e di sguardi, ma esiste solo nella tua mente.
Questi attimi si protraggono a lungo e quei 30 secondi diventano come uno spot del Mulino Bianco, con tanto di orchestra e di archi come sottofondo.

Tu inizi a correre nel grano d’orato, guardi lui, guardi la tabella “peso massimo 320 kg”, riguardi lui, pensi pure che qui, adesso, in questo attimo, vorresti dirgli “facciamo dei bambini, sì, insieme, tanti…”, lui ti fisserebbe, stringendoti la mano e ti direbbe “certo amore!”, ed il vostro ascensore andrebbe diritto al piano 1.000 quello dell’immaginazione.
Ti senti all’improvviso illuminata e rincuorata, tutto è andato a buon fine.

Solo che, mentre tu sei già al quinto ipotetico mese di gravidanza, lui si sta semplicemente guardando allo specchio pensando “ammazza che fico che sono con questa camicia”, mentre con mano sottile si toglie dalla giacca qualche piccolo cenno di polvere.


Il sogno finisce quando la porta si apre, lui esce senza pensarci troppo ma tu, ancora sognante, non ti accorgi che stai dicendo “si, si” senza dare troppo peso alle parole, mentre l’uomo che ti sta di fronte dà peso ai tre pacchi da 5 kg l’uno che ha in mano, non capendo se tu resti, sali, scendi, esci, sei l’accompagnatrice ufficiale dello stabile, ecc ecc.

L’uomo coi pacchi ti ha rovinato il sogno, era tutto perfetto prima che arrivasse lui. Insomma la storia si chiude con il solito finale, quello non considerato, il triangolo: lui, lei, l’altro.

Piccolo esempio di come il genere femminile riesca a vivere attraverso le fantasie amorose più sfrenate, mentre il genere maschile si guarda allo specchio.

---- Con il contributo rielaborato di amiche e co.noscenti ----

The lift scene.

Any movie script worthy of the name can’t do without a lift scene. The magic encounter, the random exchange of glances, the long-awaited chance of being together, alone, in a narrow place, skin-close.
You and him.

You see him arrive in his car and slowly drive about in the car park looking for a space with his usual elegance. And there you are! If you’ve reached this point, that is, if you can actually see elegance even in the way he manoeuvres a car, well... it means that you’re not quite all right.Instead of the gym or the yoga studio, please, do seek a homeopath!

Where were we? Oh, yes, he’s parking. You’re walking straight and unstoppable towards the lift. You know that it’s going to take him some time before he catches you up, so you do the push-the-button movement in slow motion until you hear him coming along. You turn round, as if by chance, you look at him and smile.

Oh look, The lift’s here! Just after only 15 minutes you’ve been waiting in front of it and just after only two seconds he’s been standing beside you. Nooooo, of course it wasn’t planned! Yes, darling, we do believe you, you’ve done nothing on purpose just to get to spend those two nanoseconds alone with him.

You both step into the lift. He always looks gorgeous and fresh in the early morning while you are shattered becuase of yesterday night’s stepping session. And yet, as you look into his beatiful face, everything fades away, even the pain in your right side.

A couple of words. The usual. A polite “How are you?” gets the conversation started. And you just manage to fumble: “Fine, fine!” because you got lost into his fair eyes as they stare at the numbered buttons. And so, as he stares straight in front of him, you stare at him... it’s a game of staring and glancing, that exists only in your head.

The moments expand and those 30 seconds become somthing like those family adverts for Mulino Bianco, with the strings orchestra and everything in the background. And, just as you picture yourself running in a golden cornfield, you look at him and then your eyes fall on “maximum weight limit: 320 kgs” on the inside of the lift.

You look back at him and think that, right here, right now, in this very moment you would like to say to him “let’s make a baby, lots of babies...” and he would stare back at you, hold your hand and say “Yes my dear” and then your lift would go straight up to the 1000th floor, that of your imagination...

You suddenly feel enlightened and warm-hearted, everything’s gone just fine. It’s only that, as you already see yourself five months gone with his hypothetical child,he’s simply looking in the mirror, thinking “Blimey, do I look sexy in this shirt!” and his gentle hand wipes a speck of dust off his jacket.

The doors open and the dream comes to an end. He goes out without thinking while you’re still daydreaming and do not realise that you’re saying “yes” without actually meaning it. The man who’s standing before you is carrying three parcels, 5 kgs each and wonders whether you stay or go up or down or out or you are simply the porter of the building. The parcel-man has spoilt your dream. Everything was perfect before he came in the way.

In conclusion, the story ends, as usual, in a way you didn’t expect: a triangle, you, him and the other.

Just a tiny example of how women can manage to live thanks to unrestrained love fantasies while men just look themselves in the mirror.

translation by Ettore, the official translator, that would like to apologise to all native speakers for torturing their beautiful language. But hey! as someone once said, translator traitor! Hope you enjoy our gems of widsom!!!☺
Loads of hugs and guid cheerio the nou!