02 febbraio 2008

La scena dell’ascensore

Brevi episodi del nuovo tele-blog: “Lei e Lui. In generale.”


Come nelle migliori sceneggiature cinematografiche, non poteva mancare la scena dell’ascensore. Il magico incontro, il fortuito scambio di sguardi, la giusta possibilità di stare insieme, soli, in un ambiente stretto, a contatto. Tu e lui.

Lo vedi arrivare con l’auto, lentamente passa in rassegna tutti i posti auto, cercando parcheggio con la sua ormai solita eleganza. Ecco se sei a questo livello, ovvero vedi la sua eleganza anche nel servo-sterzo, non stai molto bene. Invece della palestra e dello yoga, passa dall’omeopata.


Dicevamo? Ah, si, il parcheggio. Stai camminando, diretta ed implacabile verso l’ascensore. Sai che lui ci metterà un po’ ad arrivare al tuo stesso punto, quindi rallenti il movimento premi-il-bottone, fino a quando non senti che Lui sta entrando. Ti giri senza premeditazione, lo guardi e sorridi.

Toh, è arrivato l’ascensore, dopo un quarto d’ora che eri li di fronte e solo dopo due secondi che lui ti si è avvicinato. No, non è stato tutto calcolato. No, tutti ti crediamo. No, non hai fatto nulla di volontario per poter passare quei due nano-secondi sola con lui.


Entrate. Lui è sempre bellissimo e fresco di prima mattina, tu dei distrutta dalla seduta di step della sera prima, ma di fronte al suo bel viso, cade tutto anche il dolore fisico del fianco destro. Due parole. Le solite. Un bel “come và?” apre il dialogo. Sei stata solo capace di rispondere “bene, bene” perché eri presa dal suo occhio marrone d’autunno che fissa i pulsanti numerati.

Così, mentre lui fissa un punto nel vuoto, tu fissi lui, è tutto un gioco di fissaggi e di sguardi, ma esiste solo nella tua mente.
Questi attimi si protraggono a lungo e quei 30 secondi diventano come uno spot del Mulino Bianco, con tanto di orchestra e di archi come sottofondo.

Tu inizi a correre nel grano d’orato, guardi lui, guardi la tabella “peso massimo 320 kg”, riguardi lui, pensi pure che qui, adesso, in questo attimo, vorresti dirgli “facciamo dei bambini, sì, insieme, tanti…”, lui ti fisserebbe, stringendoti la mano e ti direbbe “certo amore!”, ed il vostro ascensore andrebbe diritto al piano 1.000 quello dell’immaginazione.
Ti senti all’improvviso illuminata e rincuorata, tutto è andato a buon fine.

Solo che, mentre tu sei già al quinto ipotetico mese di gravidanza, lui si sta semplicemente guardando allo specchio pensando “ammazza che fico che sono con questa camicia”, mentre con mano sottile si toglie dalla giacca qualche piccolo cenno di polvere.


Il sogno finisce quando la porta si apre, lui esce senza pensarci troppo ma tu, ancora sognante, non ti accorgi che stai dicendo “si, si” senza dare troppo peso alle parole, mentre l’uomo che ti sta di fronte dà peso ai tre pacchi da 5 kg l’uno che ha in mano, non capendo se tu resti, sali, scendi, esci, sei l’accompagnatrice ufficiale dello stabile, ecc ecc.

L’uomo coi pacchi ti ha rovinato il sogno, era tutto perfetto prima che arrivasse lui. Insomma la storia si chiude con il solito finale, quello non considerato, il triangolo: lui, lei, l’altro.

Piccolo esempio di come il genere femminile riesca a vivere attraverso le fantasie amorose più sfrenate, mentre il genere maschile si guarda allo specchio.

---- Con il contributo rielaborato di amiche e co.noscenti ----

The lift scene.

Any movie script worthy of the name can’t do without a lift scene. The magic encounter, the random exchange of glances, the long-awaited chance of being together, alone, in a narrow place, skin-close.
You and him.

You see him arrive in his car and slowly drive about in the car park looking for a space with his usual elegance. And there you are! If you’ve reached this point, that is, if you can actually see elegance even in the way he manoeuvres a car, well... it means that you’re not quite all right.Instead of the gym or the yoga studio, please, do seek a homeopath!

Where were we? Oh, yes, he’s parking. You’re walking straight and unstoppable towards the lift. You know that it’s going to take him some time before he catches you up, so you do the push-the-button movement in slow motion until you hear him coming along. You turn round, as if by chance, you look at him and smile.

Oh look, The lift’s here! Just after only 15 minutes you’ve been waiting in front of it and just after only two seconds he’s been standing beside you. Nooooo, of course it wasn’t planned! Yes, darling, we do believe you, you’ve done nothing on purpose just to get to spend those two nanoseconds alone with him.

You both step into the lift. He always looks gorgeous and fresh in the early morning while you are shattered becuase of yesterday night’s stepping session. And yet, as you look into his beatiful face, everything fades away, even the pain in your right side.

A couple of words. The usual. A polite “How are you?” gets the conversation started. And you just manage to fumble: “Fine, fine!” because you got lost into his fair eyes as they stare at the numbered buttons. And so, as he stares straight in front of him, you stare at him... it’s a game of staring and glancing, that exists only in your head.

The moments expand and those 30 seconds become somthing like those family adverts for Mulino Bianco, with the strings orchestra and everything in the background. And, just as you picture yourself running in a golden cornfield, you look at him and then your eyes fall on “maximum weight limit: 320 kgs” on the inside of the lift.

You look back at him and think that, right here, right now, in this very moment you would like to say to him “let’s make a baby, lots of babies...” and he would stare back at you, hold your hand and say “Yes my dear” and then your lift would go straight up to the 1000th floor, that of your imagination...

You suddenly feel enlightened and warm-hearted, everything’s gone just fine. It’s only that, as you already see yourself five months gone with his hypothetical child,he’s simply looking in the mirror, thinking “Blimey, do I look sexy in this shirt!” and his gentle hand wipes a speck of dust off his jacket.

The doors open and the dream comes to an end. He goes out without thinking while you’re still daydreaming and do not realise that you’re saying “yes” without actually meaning it. The man who’s standing before you is carrying three parcels, 5 kgs each and wonders whether you stay or go up or down or out or you are simply the porter of the building. The parcel-man has spoilt your dream. Everything was perfect before he came in the way.

In conclusion, the story ends, as usual, in a way you didn’t expect: a triangle, you, him and the other.

Just a tiny example of how women can manage to live thanks to unrestrained love fantasies while men just look themselves in the mirror.

translation by Ettore, the official translator, that would like to apologise to all native speakers for torturing their beautiful language. But hey! as someone once said, translator traitor! Hope you enjoy our gems of widsom!!!☺
Loads of hugs and guid cheerio the nou!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Delizioso momento di vita, e quanta verità in queste parole.. e poi l'ascensore stimola di per sè i viaggi con la mente.

Un saluto.



amoilmare

Missfree1981 ha detto...

verissimo. è una situazione in cui sei in stretto contatto con una persona sconosciuta solo per pochi attimi. è divertente vedere gli atteggiamenti, gli sguardi e le parole che escono da queste brevi esperienze.